Morgongiori: Monte Arci, Scala de Crésia o Sa Gruta de is Caombus

Oggi, penultimo giorno dell’anno, ci troviamo in territorio di Morgongiori, e più precisamente in località Is Benas, nel Monte Arci, insieme all’amica Vale, per salutare degnamente il 2023 con una bella escursione. È un percorso che abbiamo già fatto diverse volte (della prima volta ne abbiamo parlato dettagliatamente qui) ma, a differenza delle precedenti esperienze, oggi troviamo i massicci lecci del bosco ricoperti da spessi strati di muschio. A differenza delle altre volte, poi, oggi facciamo un incontro davvero inaspettato: nei pressi della Trébina Lada , raggiunta subito dopo aver sostato alla base della sorella Trébina Longa, ci imbattiamo in un gruppo di cavallini selvatici: li abbiamo incontrati proprio qualche giorno fa sulla Giara, mentre qui è la prima volta, e ne rimaniamo davvero sorpresi.
Per il resto, è tutto splendido come sempre. Le nuvole basse e stratificate rendono l’atmosfera ovattata; non c’è un alito di vento e la temperatura è abbastanza gradevole, tanto che a metà mattina dobbiamo toglierci i piumini, mentre procediamo spediti tra i vari sentieri.

La giornata, tra una chiacchiera e l’altra, trascorre tranquilla e serena e il tempo, come sempre quando si è in buona compagnia e ci si diverte, vola via: facciamo ritorno alle auto che è ancora pomeriggio. Nonostante in queste giornate invernali le ore di luce a disposizione non siano tantissime, abbiamo ancora tempo prima che il sole tramonti e decidiamo, invece di far subito rientro a casa, di effettuare una piccola sosta nei pressi del sito archeologico noto come Scala de Crésia o Sa Gruta de is Caombus.
Parcheggiamo in una piazzola sulla strada, in corrispondenza di alcuni pannelli informativi riguardanti il sito, e imbocchiamo un sentiero ripristinato, apprendiamo, recentemente, costeggiato da un muretto a secco e da alberi di corbezzolo e roverella. In pochi minuti, dopo una salitella e l’attraversamento di un’ampia radura, raggiungiamo l’area archeologica.
Scala de Crésia è un sito molto particolare, davvero unico nel suo genere: si tratta infatti di un tempio ipogeico, di epoca nuragica, costruito all’interno di una diaclasi naturale, ovvero di una fenditura praticamente verticale ricavatasi con il passare del tempo in una parete rocciosa – formatasi nel Pliocene, tra i 2,5 e i 5 milioni di anni fa – alta circa venticinque metri (chiamata Is Concas de Funducaróngiu).
Dalle varie descrizioni sul web sappiamo che all’interno di questa diaclasi è stata realizzata una lunga scalinata, suddivisa in tre rampe, che si addentra e discende nelle profondità del monte e alla cui base, una quarantina di metri più in basso, si accumula l’acqua durante la stagione piovosa, un po’ come avviene nei pozzi sacri. I gradini sono formati da due blocchi squadrati, incastonati nelle pareti naturali della fenditura; su alcuni di essi sono stati scolpiti degli elementi simbolici, come piccole bozze o bugne. Sul quarto gradino della prima rampa in basso, in particolare, è stata realizzata una vaschetta, una sorta di grande coppella circolare, col bordo in rilievo, ben evidente. Secondo le teorie degli esperti, durante il periodo delle piogge l’acqua che si accumulava all’interno della fenditura era talmente tanta da sommergere gli ultimi gradini della scala, compreso il gradino sul quale era stata ricavata la suddetta vaschetta. Successivamente, nei periodi siccitosi, mentre l’acqua regrediva progressivamente e riemergevano i gradini,  pare che per qualche tempo la stessa ne trattenesse un pochino al suo interno.
L’ingresso che consente l’accesso al tempio è crollato e quindi non ci è possibile visitarne l’interno; gli speleologi che vi si sono addentrati, a quanto sappiamo, sono entrati da un varco secondario, servendosi di corde e attrezzatura tecnica (sul web si possono visionare diversi filmati e varie foto, tra i quali un servizio della trasmissione Freedom). Gli scopritori, invece, all’epoca quindicenni, pare si siano calati dall’alto della fenditura, passando da un piccolo varco al di sopra del crollo e calandosi all’interno puntellando schiena e piedi.

All’interno dell’area antistante l’ingresso, ai piedi dell’imponente costone roccioso costellato da varie fenditure e fessure irregolari, è presente una struttura circolare di notevoli dimensioni, posizionata proprio in direzione della diaclasi. La muratura è formata da grandi blocchi irregolari sovrapposti, e al suo interno sono presenti una serie di blocchi squadrati, che parrebbero sedili, addossati alla parete nella quale sono state ricavate anche cinque grandi nicchie architravate di forma quadrata. Si tratta di un edificio maestoso che, come hanno appurato gli archeologi durante gli scavi, potrebbe essere stato utilizzato non solo in epoca nuragica, ma anche nelle epoche successive, fino a quella romana.

Da qui, volgiamo lo sguardo verso la suggestiva fenditura verticale: tra le due pareti, comunque riconoscibili, vi sono grossi massi incastrati; a livello del terreno è visibile l’imbocco di un piccolo varco, ma è ostruito da terra e massi crollati. Oltre che guardare questa meraviglia della Natura, non ci rimane altro da fare se non usare l’immaginazione per visualizzare l’elegante scalinata al suo interno. Abbiamo visionato diverse foto e video pubblicati sul web, pertanto non è poi così difficile raffigurarci l’andamento della lunga scalinata; però, va detto, essere qui davanti, a pochi passi da questa meravigliosa opera architettonica, e non poter provare la stessa gioia dimostrata dagli autori del suddetto materiale, per noi – e, immaginiamo, sarebbe lo stesso per qualsiasi appassionato – risulta un po’ motivo di dispiacere. Speriamo vivamente che i lavori di ripristino, di cui abbiamo letto, e la messa in sicurezza del sito, comincino il prima possibile, così da riportare alla luce quest’opera che per adesso è appannaggio di pochi fortunati.

Intanto, il pomeriggio volge al termine e la luce diurna si affievolisce notevolmente: per noi è giunto il momento di andare via. Ripercorriamo il sentiero che ci ha condotto fin qui e, raggiunte le nostre auto, salutiamo Vale, che anche oggi ha condiviso questa bellissima esperienza insieme a noi. L’augurio che ci facciamo vicendevolmente? Ovviamente che il 2024, ormai alle porte, sia un altro anno pieno di escursioni!

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